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Genitori e figli: lo sapevi che alcuni giochi come Risiko, Monopoli e Lego, rappresentano un "Ponte tra l'infanzia dei genitori e i figli"? Scopri cosa ha permesso loro di sopravvivere?

Lo sapevi che alcuni giochi come Risiko, Monopoli e Lego, rappresentano un "Ponte tra l'infanzia dei genitori e i figli"? Scopri cosa ha permesso loro di sopravvivere?

Mi rivolgo a te, genitore! Hai notato che quando si parla di giochi, quali Risiko, Monopoli o Lego, partecipi attivamente ai giochi dei tuoi figli?

Questi giochi continuano a impegnare le nostre giornate, ad incuriosirci, e i vostri figli ve li chiedono. Ma che cosa ha permesso a questi giochi " Evergreen" di sopravvivere all'epoca dei videogochi, di Rai Yoyo ed altro?

La sopravvivenza di questi giochi sembrerebbe legata all'attivazione delle motivazioni primarie, presenti in ognuno di noi fin dalla nascita. 


Studiosi come gli psicoterapeuti cognitivisti Paul Gilbert, Università di Derby, e Giovanni Liotti di Roma, Joseph Lichtenberg, psicoanalista a Washington, e lo psicobiologo Jaak Panksepp, università di Washington, includono tra le motivazioni sociali:
1) agonismo e bisogno di mantenere e accrescere la propria posizione nel rango sociale. La posizione nella gerarchia garantisce priorità di accesso alle risorse limitate – cibo, partner per l’accoppiamento – o quantomeno sicurezza che verrà il nostro turno;
2) esplorazione autonoma del territorio e formazione di un senso di efficacia personale;
3) appartenenza al gruppo;
4) cooperazione tra pari per il raggiungimento di scopi condivisi;
5) giocare!

Orbene! Sembrerebbe che questi giochi attivano, nella modalità del gioco di finzione, queste motivazioni primarie. 
RisiKo!: difesa del territorio ed esplorazione oltre il confine, definizione del rango, accesso a risorse limitate. Formazione di alleanze per raggiungere lo stesso obiettivo (fare fuori un altro avversario). 
Monopoli in altra forma tocca più o meno le stesse corde.


Per il Lego è diverso. All'interno di interazioni cooperative con l’adulto, quei mattoncini costruiscono le basi di agency, il senso di iniziare con successo un’azione nata da un motore interno, e autonomia.
Michael Tomasello, co-direttore del Max Planck Institute, direbbe che giocando a Lego con i figli consolidiamo l’intenzionalità condivisa, un processo partito già dalle primissime fasi di vita.Funziona così: il bambino ha una meta. Mettere il leone lì. Coinvolge l’adulto. L’adulto esegue, ma introduce una variazione minima. Il bambino discute, ci si accorda. Vicino al leone: una palma che piace a entrambi. Si è formata una rappresentazione cognitiva dialogica che include: il proprio scopo, quello dell’altro e il processo di negoziazione per sintonizzarsi e raggiungere l’obiettivo comune. Se l’interazione ha successo il bambino è contento e si sente capace, attivo. Capisce meglio la mente dell’altro.
Quali giochi innescano attaccamento e accudimento? Facile. Barbie, Cicciobello L’appartenenza al gruppo? In edicola. Figurine dei calciatori. 

Per saperne di più: http://www.stateofmind.it/2014/03/dimaggio-corriere/

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